Le verdure fermentate
Acqua se necessario, sale, le popolazioni microbiche presenti naturalmente sulla verdura e un ambiente idoneo innescano la magia della fermentazione. Un microcosmo a tutti gli effetti.
La più storica verdura fermentata, soprattutto in Italia, è la giardiniera di verdure in salamoia. Negli anni questa tradizione necessaria (un modo per conservare a lungo) si è persa con l’avvento di frigoriferi e procedimenti industriali. Ad esempio si sostituisce l’acido lattico con l’aceto, si pastorizza e si sterilizza togliendo al cibo la sua forza vitale. Così facendo non solo si è perso un modo efficace di conservare le verdure ma tutti i benefici ad esso correlati!
Le verdure fermentate sono il risultato di una fermentazione lattica spontanea. Spontanea significa che non vengono inoculati batteri di un ceppo specifico ma si lasciano proliferare i batteri già presenti sulle bucce e negli alimenti. Questo garantisce biodiversità.
Tramite l’uso di una salamoia o “a secco” le verdure fermentano e maturano in alcune settimane e poi sono pronte per il consumo. I fermenti vivi non sono eterni, subiscono anche loro la variabile del tempo. Anche per questo le date di scadenza sono relativamente corte. Gli studi in questi ambiti concordano che il tempo diminuisce il numero di batteri buoni ma sono discordanti sul quanto. Dal profilo gustativo invece è possibile che più tempo passa più cambiano e maturano i sapori. Ad ogni modo maturazioni eccessive a temperatura ambiente mutano fortemente il sapore e abbassano il pH a livelli di consumo inadeguato. Questo naturalmente dipende dalla varietà di verdure che si fermentano.
Le verdure fermentate più famose sono i crauti ed il kimchi, visti alla ribalta in questi ultimi anni. Ma tutte le verdure e frutti possono essere fermentati, con risultati buoni o meno buoni.